Città di vetro di Cassandra Clare

come sono contenta che Clary e Jace non sono fratelli
lo sapevo che non poteva essere

citazione
Il boato del crollo svanì lentamente, come fumo che si disperde nell’aria. Fu rimpiazzato dal forte cinguettare degli uccelli colti di sorpresa: Clary poteva vederli al di sopra della spalla di Jace, descrivere curiosi ampi cerchi contro il cielo scuro.
“Jace –disse sottovoce- penso sia finita.”
Lui si tirò indietro leggermente, puntellandosi sui gomiti, e guardò in basso verso di lei. Erano così vicini che nonostante il buio lei riusciva a vedersi riflessa nei suoi occhi. Aveva la faccia rigata di fuliggine e sporcizia, il collo della sua maglia strappato.
Senza pensare, lei allungò la mano, le sue dita a pettinare lievemente i suoi capelli “C’era dell’erba- fra i tuoi capelli.” Gli disse a spiegazione. Aveva la bocca asciutta; l’adrenalina le scorreva nelle vene, e non solo a causa del pericolo che aveva appena corso. Tutto quello che era appena accaduto: l’angelo, la tenuta che crollava, sembrava meno reale di ciò che poteva vedere negli occhi di Jace.
“Non dovresti toccarmi” fiatò.
La sua mano si congelò dove si trovava, con il palmo contro la sua guancia. “ Perché no?”
“Tu sai perché.” Disse lui, e poi “hai visto quello che ho visto io, vero? Il passato, l’angelo. I nostri genitori.”
”L’ho visto.”
“Sai cos’è successo.”
“Sono successe un sacco di cose, Jace-“
“Non per me” Le parole uscirono in un sussurro angosciato. “ Io ho sangue di demone. Sangue di demone. Fin qui ci arrivi, no?”
“Questo non significa niente. Valentine era pazzo. Stava solo delirando-“
”E Jocelyn? Era pazza, lei?” i suoi occhi la trapassarono come trapani dorati. “ so cosa Valentine stava cercando di fare.Stava cercando di creare degli ibridi –angeli/umani e demoni/umani, tu sei la prima, io l’ultimo. Sono in parte mostro. Parte di tutto ciò che ho provato così intensamente a spegnere, a distruggere.”
“Non è vero. Non può esserlo. Non ha alcun senso-“
“invece sì.” C’era una sorta di furiosa disperazione nella sua espressione mentre la guardava. Poteva vedere lo scintillio argenteo della catenina intorno alla sua gola nuda luccicare di una fiamma bianca alla luce delle stelle.
“Questo spiega tutto.”
Clary scosse la testa così forte che sentì l’erba solleticarle la guancia. “intendi dire che spiega perché sei un Cacciatore così formidabile? Spiega perché sei leale, coraggioso e onesto e cose che i demoni non sono?-“
“Spiega,” disse con tono piatto, “quello che provo per te.”
Il respirò le sibilò fra i denti. “Jace - cosa vuoi dire?”
Lui rimase in silenzio per un lungo momento, guardandola dall’alto- talmente a lungo, infatti, che lei si chiese se lui avesse davvero intenzione di rispondere, o se ritenesse il solo guardarla una risposta sufficiente; dopo tutto, anche lei lo stava guardando con la stessa impotenza negli occhi. I loro sguardi erano incastrati come ingranaggi, Clary non avrebbe più potuto guardare altrove, nello stesso modo in cui non sarebbe stata capace di respirare con dell’acqua nei polmoni.
“Tu sei mia sorella,” disse, infine. “Mia sorella, sangue del mio sangue, la mia famiglia. Dovrei volerti proteggere-“ rise silenziosamente e senza alcun divertimento-“proteggere dal tipo di ragazzi che vorrebbero farti esattamente quello che vorrei farti io.”
Clary trattenne il respiro. Lui la stava ancora guardando, ma la sua espressione era cambiata –c’era uno sguardo sul suo viso che non aveva mai visto prima, una luce assonnata, mortale, quasi predatrice nei suoi occhi. Lei fu improvvisamente e acutamente cosciente della forte pressione del corpo di Jace sul suo, le ossa delle anche che si adattavano contro le sue, e provava dolore ovunque il suo corpo non lo toccasse, le doleva di un dolore quasi fisico.
Quello che vorrei farti io, aveva detto. Non pensando a nient’altro se non a quanto lo desiderasse, lei permise alle sue dita di scivolare dalla sua guancia alle labbra, tracciando il contorno della sua bocca con la punta dell’indice.
Fu ricompensata dall’affanno nel suo respiro e dall’improvviso scurirsi dei suoi occhi. Lui non si mosse.
“Cos’è, esattamente, che vorresti farmi?” sussurrò.
La luce nei suoi occhi era un incendio. Lentamente inclinò la testa finchè le sue labbra non furono contro il suo orecchio. Quando parlò, lei sentì il suo respiro solleticarle la pelle, facendola rabbrividire. “Potrei mostrartelo.”
Lei non disse niente, anche se avesse potuto raccogliere i suoi pensieri disordinati per comporre le parole, non voleva dirgli di fermarsi. Era stanca di dire no a Jace – o non permettere mai a sé stessa di provare quello che il suo corpo voleva che provasse. A qualsiasi costo…
Lo sentì sorridere, le labbra contro il suo orecchio. “Se vuoi che mi fermi, dimmelo adesso,” sussurrò. Quando lei ancora non disse niente, sfiorò con la bocca la cavità della sua tempia, provocandole un brivido. “O adesso.” Le sue labbra tracciarono il contorno dei suoi zigomi con il più lieve dei baci, il bacio di una farfalla. “o adesso,” la sua bocca ricalcò la linea della sua mascella. “ o adesso.” Le sue labbra erano contro quelle di lei, le sue parole pronunciare nella sua bocca. “Adesso,” sussurrò, e la baciò.
All’inizio la pressione delle sue labbra era gentile, guardinga; ma quando lei rispose all’istante –facendo scivolare le braccia intorno a lui, aggrovigliando le mani fra i suoi capelli- Clary sentì la cauta tensione nel suo corpo trasformarsi in qualcos’altro. All’improvviso la stava baciando con cocente passione, le labbra che premevano sulle sue. Lei sentì il sapore del sangue nella sua bocca, ma non le importava. C’era una roccia che le stava bucando la schiena, e la sua spalla le faceva male dove aveva sbattuto cadendo dalla finestra, ma non le importava nemmeno di questo. Tutto quello che esisteva era Jace; tutto ciò che provava, sperava, respirava, voleva e vedeva era Jace. Nient’altro contava.
Jace interruppe il bacio, tirandosi indietro, e lei lo lasciò andare con un debole suono di riluttante protesta. La sua bocca era gonfia, i suoi occhi enormi e scuri, quasi neri di desiderio. Cercò i bottoni della sua giacca, cercò di liberare il primo, ma le sue mani tremavano così tanto che non ci riuscì. Clary mise la mano sopra la sua, meravigliandosi interiormente per la sua stessa calma – sicuramente doveva tremare tanto quanto lui?
“Lascia fare a me” disse.
Lui si immobilizzò. La guardò mentre si sbottonava, le sue dita che lavoravano più veloce che potevano. La giacca cadde a terra. Al di sotto indossava solo una camicetta leggera di Amatis e la fredda aria notturna la colpì attraverso la stoffa, facendola sussultare. Sollevò le braccia. “Torna qui,” sussurrò. “Baciami ancora.”
Lui fece un suono soffocato e cadde fra le sue braccia come qualcuno alla ricerca disperata d’aria dopo essere quasi annegato. Le baciò le ciglia, le guance, la gola, prima di ritornare alle sue labbra: il loro bacio era frenetico adesso, quasi goffo nella sua febbre – così poco da Jace, che non ha mai dato l’impressione di fare qualcosa di fretta, o con urgenza… Senza la giacca fra di loro, lei poteva sentire il suo calore bruciare attraverso la maglietta; le sue mani le scivolarono attorno, sotto il laccio del reggiseno, seguendo la linea della sua spina dorsale, il suo tocco scottava sulla sua pelle nuda.
Voleva più del suo tocco, delle sue mani su di lei, la sua pelle contro la propria –voleva essere toccata da lui ovunque, stringerlo mentre tremava come stava tremando in quel momento- che non ci fosse più spazio fra di loro.
Gli strattonò via la giacca e dopo in qualche modo anche la maglietta non ci fu più. Le loro mani esploravano il corpo dell’altro; lei fece scorrere le sue dita giù lungo la sua schiena e sentì lo stato di soffice pelle tesa sopra i muscoli asciutti, e qualcosa che non si era aspettata, anche se avrebbe dovuto- cicatrici, come fili metallici distesi sulla sua pelle. Lei credeva fossero imperfezioni, quelle cicatrici, ma non riusciva ad avvertirle in quel modo, erano segni della storia di Jace, tagli nella sua pelle: la mappa topografica in rilievo di una vita di uccisioni e combattimenti.
Accarezzò la cicatrice a forma di stella sulla sua spalle e si sollevò per sfiorarla con le labbra. Qualcosa di freddo e duro sbattè contro la sua clavicola. Clary si tirò indietro con un’esclamazione di sorpresa.
Jace si sollevò sui gomiti per guardarla meglio. “Cosa c’è?” la sua voce era lenta, come drogata. “Ti ho fatto male?”
“Non proprio. È stato questo.” Allungò la mano e toccò la catenina d’oro che Jace portava intorno al collo. Vi era appeso un piccolo argenteo cerchio di metallo. Era gelido al tocco.
Quell’anello –il metallo battuto dal tempo con il motivo a stelle- lei conosceva quell’anello.
L’anello dei Morgenstern. Era appartenuto a Valentine, e Valentine l’ha poi passato a Jace, come è stato sempre fatto: da padre a figlio.
“Mi dispiace” disse Jace. Stava tracciando il contorno della sua guancia con la punta delle dita, un’intensità sognante dello sguardo. “ho dimenticato di avere addosso questa dannata roba.”
Un freddo improvviso invase le vene di Clary. “Jace,” disse, con voce debole. “ Jace, no.”